Un amico si lamenta che i miei post sono troppo tristi. Poi mi segnala questo articolo (della serie “non sappiamo cosa vogliamo”) ed ecco questo post che ben si colloca sulla scia dei precedenti.
In questi giorni l’esercito argentino ha finalmente consegnato alle autorità civili gli edifici che ospitavano la Scuola tecnica della Marina (l’Esma). Da qui durante la dittatura partivano gli squadroni militari che sequestravano gli oppositori politici, qui sono stati imprigionati, torturati e uccisi più di 5.000 dei 30.000 desaparecidos. La maggior parte di loro venne gettata nel Rio della Plata in quelli che si chiamarono “i voli della morte”. Qui ancora venne allestito in quegli anni un piccolo ospedale con un reparto maternità clandestino, dove i militari attendevano che le ragazze incinte sequestrate portassero a termine la gravidanza per sottrarre loro i bambini, che venivano affidati a famiglie di militari o poliziotti, prima di ucciderle.
Gli edifici dell’Esma sono quindi particolarmente adatti ad ospitare il “Museo della memoria” che aprirà all’inizio di novembre, che si affianca al già esistente Parco delle memoria, di cui ho già parlato qui e a cui dedicherò un prossimo post. Per realizzare il museo, che fa parte del progetto “topografia della memoria”, i familiari dei desaparecidos hanno messo a disposizione documenti, foto e oggetti personali.
La costruzione del museo è stata decisa nel 2004 dal presidente argentino Kirchner e dal sindaco di Buenos Aires in occasione del 28° anniversario del golpe del 1976. Nel 1998, l’allora presidente argentino Carlos Menem (1989-1999) intendeva demolire gli edifici dell’Esma per creare al suo posto un grande parco, con un monumento dedicato alla “riconciliazione” del popolo argentino, leggo qui. Ma i gruppi per i diritti umani si erano opposti alla demolizione ottenendo un’ingiunzione che ha bloccato l’attuazione del decreto, anche se la Marina aveva continuato a occupare gli immobili. Le pressioni delle organizzazioni per i diritti umani hanno poi portato il governo a sfrattare la Marina dall’ESMA da quei 19 ettari di terreno su cui sorgono 15 edifici.
Un museo è una tipica oggettivazione della memoria culturale, così l’Argentina esplicita una politica della memoria, coerente con un desiderio di giustizia esplicitato dalle recenti azioni giudiziarie contro i responsabii dei crimini della dittatura. Mentre infatti Menem intendeva demolire gli edifici dell’Esma (cancellarli), le “leggi sull’obbedienza dovuta” e le amnistie del 1986 e del 1987 hanno bloccato la persecuzione dei crimini commessi durante la dittatura, per molti, troppi anni.
Che finalmente si faccia giustizia, mi pare una notizia affatto triste.
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