Il post di ieri, che avvicinava Heidi e Barbie attraverso un comune riferimento al velo islamico, anticipa un tema oggi in agenda, della politica e forse dei media. Nessuna campagna tra blogger, mi sembra sia stata prevista. Come per i monaci intendo. A me dispiace molto. Invito le mie amiche blogger a rifletterci, invece*.
Oggi è una giornata nazionale di mobilitazione contro la violenza sulle donne, che assume volti molto differenti: dalle botte e dall’omicidio, dentro o fuori la famiglia, alla violenza sessuale fino alle forme più sottili e profonde di violenza simbolica. L’idea è che tutte queste forme di violenza rivolte specificamente al femminile, a quello che il femminile rappresenta nel mondo, siano strettamente connesse, si sostengano a vicenda. Ognuna di esse ci dovrebbe far rabbrividire. Non occorre arrivare all’annientamento della vita, seppur questo sia l’esito più terribile, se non altro per la sua irreversibilità.

Sottolineo oggi il tema della violenza contro il femminile attraverso un film di una regista libanese di cui ho letto stamattina su Alias (articolo di Silvana Silvestri in occasione degli Incontri di cinema e donne di Firenze). Il film è Dunia, girato in Egitto e uscito nelle sale europee nel 2006 (in Francia sicuramente), la regista è Jocelyn Saab, libanese che vive tra Parigi e Beirut. Il film in Egitto è stato visibile nelle sale una sola settimana, poi è stato ritirato (malgrado le code ai botteghini) e la regista minacciata e condannata a morte dalle donne, in quanto il film è contro la mutilazione femminile (l’escissione, che riguarderebbe il 97% delle donne egiziane) che è una tradizione tramandata dalle donne. Donne contro donne, come forma suprema della violenza sul femminile.
Il film, che ha per protagonista una giovane attrice egiziana, star di film commerciali, racconta la storia di una ragazza che attraverso lo studio della danza si riappropria del proprio corpo, attraverso la danza e l’amore. La regista racconta su Alias che la stessa attrice ha vissuto profondi cambiamenti durante le riprese ma, appena terminate, è comparsa in televisione velata a rinnegare il film e la regista, a dire che il cinema deve essere velato. La regista libanese conclude la sua intervista con un giudizio molto lapidario sul velo: “più la donna è velata, meno libertà c’è in giro per il mondo”. Ovviamente, aggiungo, non è il velo in sè, ma il velo trasformato, che da una mera tradizione vestimentiaria diventa un vero e proprio strumento simbolico del controllo del corpo e del sentire femminile.

Il film è disponibile in dvd (in arabo con sottotitoli in francese, inglese e tedesco, per 22 euro), e un trailer si trova su YouTube, e dopo il ritiro dalle sale egiziane è circolato in Internet dove è stato visto da 4 milioni di persone. Questo post vuole anche essere un piccolo promo commerciale. Perchè registe come la Saab possano continuare a lavorare.
*PS: mi aspetto un post almeno da laura, chiara e valentina (e forse giulia, se è veramente tornata…). Solo per restare entro il mio blogroll al femminile. E’ un obiettivo minimo, insomma.
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