Archive for the 'Uncategorized' Category

orti, social da sempre

Domani la sfida è quella di dimostrare come gli orti urbani siano social da sempre, a partire dalle esperienze degli orti comunali in Emila Romagna.

La vocazione sociale degli orti urbani è osservata e dimostrata a partire da tre diverse prospettive:

  • gli orti sono luoghi di scambio di saperi tra generazioni, relativi alla natura, alla stagionalità e al ciclo delle piante e degli ortaggi, che “non nascono nei supermercati”: parliamo del rapporto tra orti e scuole, tra anziani e bambini, e dell’educazione alla alimentazione che si gioca nel rapporto diretto con la natura e i suoi frutti
  • gli orti sono luoghi di inclusione e valorizzazione delle differenze e di nuove e vecchie fragilità, lo sono da sempre degli anziani pensionati a rischio di isolamento e impoverimento sociale, lo sono oggi per nuovi soggetti potenzialmente deboli – nuovi immigrati, diversamente abili, nuove povertà
  • gli orti come strumento di rigenerazione della comunità e delle relazioni di prossimità, aperti agli altri attori che lavorano sul territorio e protagonisti di scambi di beni e di relazioni che travalicano i recinti delle aree ortive  (il tavolo che coordino io).

Grazie ad Ancescao Regionale Emilia Romagna – e in particolare alla sua Presidente Lucia Pieratelli – per aver promosso l’iniziativa, mettendo in rete e valorizzando le esperienze presenti sul territorio.

Il programma qui

Dove: Centro Montanari, via di Saliceto 3/21, Bologna

Quando: venerdì 15 aprile, ore 9,30-18

L’obsolescenza programmata come controversia pubblica

Il 26-27 novembre 2015 a Urbino ci sarà la prima presentazione pubblica dei risultati della ricerca del gruppo LaRiCA dell’Università di Urbino Carlo Bo, di cui faccio parte, sul tema L’obsolescenza programmata come tema controverso: un’analisi delle discussioni online generate da due successivi lanci dell’i-Phone, a cura di Lorenzo Giannini, Fabio Giglietto e me.

Apple-Planned-ObsolescenceSul tema abbiamo ragionato anche grazie alla ricerca di Lorenzo Giannini sulle pratiche del movimento dei riparatori, che mette in discussione la cultura dell’usa e getta e individua quindi nell’obsolescenza programmata un nodo critico.
La ricerca sarà presentata nel quadro di un seminario internazionale previsto nelle attività culturali e scientifiche del Centro Internazionale di Scienze Semiotiche dell’Università di Urbino, ed è stata finanziata dal Ministero della ricerca spagnolo (Proyecto i+d+i: CSO2013-45726-R), il cui capofila è il gruppo di ricerca Semiótica, comunicación y cultura della Universidad Complutense di Madrid.

Per informazioni dettagliate sul programma del seminario:  http://semiotica.uniurb.it/?p=1791

social gardens

oggi se ne parla al Pincherle Social garden

programma pincherle 7luglio

Topo(lò)biografia di Roberta Bartoletti

Prologo.

Non si sceglie dove nascere. O forse sì. Se avessi potuto farlo sarei nata prematura. Non amo abbastanza la campagna da farla mia, da essere sua. Da sempre, da che ho memoria, rimpiango di non essere nata proprio a Bologna, in quella che sento essere la mia città. Sono venuta alla luce in un paese, seppur poco più in là. Che peccato.

Questo accidente, le cui cause pur mi hanno spiegato e argomentato (convincendomi anche della loro fondatezza), forse ha rafforzato il mio attaccamento al luogo che da sempre sento mio. Casa mia. Non certo perché è il più bel posto del mondo. No di sicuro. Tanti altri ne ho visti, anche migliori. Luce più bella, clima o gente migliore, lingua più musicale. Ma la casa non si sceglie, si sente. Come l’amore, come la fede.

Ho la fortuna di lasciare questa città che è la mia casa ogni settimana e ogni ritorno mi dà un senso di pace gioiosa.

 

San Luca.

Da sempre “tornare a casa” è vedere San Luca. Vedere apparire San Luca. Dal treno, dall’aereo, dall’autostrada. Da sud, da nord, da ovest. Ho sempre vissuto sotto l’ombra protettiva del colle di San Luca. Da bambina non vedevo il santuario dalla finestra di casa, ma sapevo che era poco più in là, nascosto dalle case a sinistra, sul retro. Bastava uscire, fare pochi passi ed eccolo di nuovo lì, grande, enorme, come amplificato da un effetto ottico. Con in cima la luce bianca o rossa, intermittente.

San Luca è la chiesa, la collina su cui poggia la chiesa e il portico che unisce la chiesa alla città, come un lunghissimo cordone ombelicale. La gente che lo percorre o lo guarda da lontano alimenta il significato simbolico di quel colle per la città. San Luca è il posto dove si portano gli amici che vengono da fuori, dove vanno gli innamorati, dove si va a vedere la città luccicare dall’alto, la sera. Si va a San Luca a piedi per un voto, per onorare una promessa, semplicemente per camminare.

Solo recentemente ho scoperto che la chiesa è nata sul luogo dove qualche secolo fa si ritirò una giovane donna per adorare la Madonna. In quel luogo fu costruita una piccola chiesa, solo molto più tardi il santuario e la strada che porta al santuario, protetta dal portico.

Oggi dalla finestra della mia nuova casa, di donna adulta, vedo San Luca e un lato del portico che sale a zig zag verso la cima. Questa veduta è stata determinante nella scelta della casa. Grazie alle porte allineate le une alle altre la sera posso vedere luccicare la chiesa e il portico dal letto, prima di dormire. Non basta per fare sonni sereni, ma per sentirsi a casa sì.

(giugno 2007)

 

Stazione Topolò riparte anche nel 2013, ma avrebbe bisogno di sostegno.

wachsen lassen! natura in città e consumo critico

Da diverso tempo tengo d’occhio una serie di pratiche che ruotano intorno al verde urbano – dal guerriglia gardening agli orti/giardini comunitari, collettivi, condivisi fino agli orti classicamente intesi che a Bologna sono una consolidata tradizione nelle politiche comunali.

Da poco più di un anno le pratiche più tipicamente critiche, espressione di una nuova creatività culturale e sociale, sono approdate nella mia città. Ho approfittato di questa fortunata prossimità geografica per studiarle più da vicino e in profondità, oltre che per dare una mano al loro concretizzarsi – grazie alla mia innata passione e pratica con il giardinaggio amatoriale.

Da questa circoscritta ricerca sono già nati diversi germogli, non si sa bene ancora in quali direzioni andranno e quali frutti duraturi apporteranno, ma già oggi hanno prodotto riflessioni, consapevolezze, nuove domande e, non scontatamente, nuove amicizie.

Ho già avuto modo di ragionare ad alta voce con colleghi e pubblici di varia natura di questa ricerca in corso, anche grazie a diverse presentazioni a convegni, seminari, incontri, da Berlino a Rimini fino ad approdare a Bologna, e di nuovo ne parlerò a Bologna il prossimo 16 novembre. Per quella data con le colleghe e amiche del CescoCom Roberta e Paola, abbiamo organizzato un incontro nazionale del network italiano di sociologi dei consumi, di abbastanza recente costituzione, sul tema Consumo, disuguaglianze e partecipazione. Riflettiamo su una connessione in parte rimossa (consumo/disuguaglianze) e su una connessione non scontata ma di grande attualità (consumo/partecipazione), su cui i sociologi dei consumi in realtà riflettono da tempo, e cercano anche di far sentire la loro voce.

tricolore

oggi 7 gennaio si ricorda l’invenzione del tricolore a Reggio Emilia (lì issato per la prima volta e lì oggi la trasmissione in diretta di Radio3).

ma ricorda l’autore della voce Tricolore nel volume Luoghi di memoria di Isnaghi (mi sono persa il nome) che la prima volta la combinazione dei tre colori appare a Bologna nel 1794, quando un gruppo di studenti tra cui Zamboni (quello della via dell’Università centrale) distribuiscono coccarde con il rosso e bianco (colore di Bologna) unito al verde simboleggiante la speranza.

che sia di buon auspicio per il 2011 e i suoi attuali studenti (non solo di Bologna)

archetipi nella nebbia

“Un dettaglio ma abbastanza curioso da giustificare i flash dei fotografi che per una volta privilegiano la forma piuttosto che la sostanza. Sul tappeto rosso di Venezia sfila infatti la bella Michelle Ye, avvenente attrice cinese protagonista di “Accident”. Ma più che la bellezza potè la scarpa. Il sandalo pitonato con tacco a forma di donna nuda non poteva sfuggire.” (da Repubblica)

“VENEZIA – La più originale è stata lei: Michelle Ye, l’ attrice cinese di Accident di Soi Cheang (thriller psicologico che gioca sulle leggi del caso) ieri in concorso. Si è presentata con un sandalo pitonato con tacco curioso: una scultura raffigurante una donna formosa e nuda.” (dal Corriere)

Quello che a me non può sfuggire (e non è sfuggito a Fabio che mi ha segnalato il caso), è che i giornalisti che hanno riportato senza neanche pensare l’Ansa pensano che a reggere l’attrice cinese in questione sia una donna nuda, se va bene una donna nuda cicciona (che geni quelli del Corriere, che notano la formosità della donna, ma non vanno oltre le questioni di forma).
Razza di scimuniti, a reggere l’attrice cinese è l’archetipo del femminile, materializzato in una superclassica forma della Venere del paleolitico di cui abbiamo visto migliaia di immagini. Oppure no, essere esposti alle immagini non significa per forza vederle. Sicuramente non basta a riconoscerle.

Non che serva fare pellegrinaggi per l’Europa, per vederle raffigurate o dal vivo, trasformate persino in souvenir. Basta andare su wikipedia. O chiudere gli occhi e cercare in qualche meandro della nostra memoria ancestrale. O no?

Questa è la più famosa, e non l’ho mai vista dal vivo. Non ancora.
La Venere di Willendorf. 24-26.000 anni fa.

memorie in movimento

“Ho l’impressione che si riduca la Ddr sempre più a pochi marchi di prodotti e ad alcuni standard di interpretazione. La situazione era molto più complessa”. Per andare oltre questa immagine stereotipata della ex Germania Orientale sarebbe bello andare a vedere i documentari di Thomas Heise al Festival dei Popoli di Firenze, dove viene presentata tutta l’opera del regista che ha lavorato soprattutto nel teatro (con Heiner Mueller) durante al vita della Ddr, data la censura continua a cui sono stati sottoposti i suoi documentari. In Material (2009), che ha già vinto il Gran Premio al Fid Marseille, racconta la storia tedesca poco prima della caduta del muro.
In attesa del ventennale.

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memoria e calcio armeno

Mi pare sia passata inosservata la partita di calcio tra le nazionali dell’Armenia e della Turchia, che si è tenuta a Instanbul il 14 ottobre scorso. Partita di ritorno di un’ugualmente memorabile partita di andata a Yerevan, l’anno scorso.
Il governo turco continua, dopo quasi un secolo, a negare il genocidio armeno. Semmai si trattò di pulizia etnica, dicono alcuni. Questa partita non è una partita qualunque, tanto che ha suscitato proteste di alcuni armeni, che vi hanno visto un segno di resa. Ma forse è l’inizio di una nuova fase nei rapporti tra i due paesi. Che qualche giorno fa hanno siglato un accordo nella civilissima Zurigo.
Sul genocidio armeno è stato realizzato un museo nella capitale armena, che ha faticosamente raccolto pezzi di storie dimenticate. Dopo il viaggio in Armenia ho voluto rivedere il film Ararat di Egoyan dedicato al genocidio, con il franco-armeno Aznavour come protagonista, che ha confermato la difficoltà di raccontare senza retorica una tragedia così immensa. Ora mi guarderò il film di Guédiguian, armeno-marsigliese, mai distribuito in Italia: Voyage en Arménie.

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il monte Ararat visto dall’Armenia

oh such a perfect day!

proteggete il vostro nome

potrebbe accadere un giorno, che qualcuno vi telefona e vi dice che non vi potete più chiamare Roberta perchè una sedicente organizzazione ha registrato il marchio “Roberta”, per chiamare così una sua iniziativa. Ma Roberta è un nome, non un marchio. Possiamo depositare e sottrarre agli altri le parole con cui diamo senso e ordine alla nostra vita nel mondo?

Se depositavo il nome “Roberta” negli anni Ottanta, magari potevo impedire un suo uso commerciale? Tutela a senso unico. Misteri del copy right, che in queste derive non mi pare nè giusto nè destro.

marseille

Ricordando Izzo e Marseille a file urbani. ora. Con du pain e du vin.

(scaricabile qui tra un po’)


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