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memorie da consumare/da Goldrake a Nana

Mi ricordo di Goldrake. E’ stato il primo anime che ho seguito con passione, all’epoca della sua prima trasmissione alla televisione italiana, nel ristretto spazio del palinsesto riservato ai cosiddetti “ragazzi”. Fine anni Settanta. Goldrake è da subito diventato un simbolo di un nuovo prodotto mediale – i cartoni giapponesi – e un simbolo generazionale, per alcuni, tanto che si parla di Goldrake Generation (perdonate l’inutile inglese). Poi vai a scoprire che tu, che tanto sei legato a questa storia animata, nella GG (perdonate l’inutile sigla) manco ci stai dentro (seppur per poco).

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Scherzo, ma questo è il fatto: i miei colleghi, o meglio un nutrito gruppo di colleghi capitanati da GBA, stanno facendo una ricerca sul rapporto tra media e generazioni che necessariamente coinvolge il campo dei consumi, nello specifico i consumi di prodotti mediali. Tra i prodotti di culto della generazione x (1966-1978) spicca appunto l’anime Goldrake, insieme ad altri che non serve ora citare (leggete i vari post sulla ricerca, qui e qui).
La cosa ovviamente mi intriga, soprattutto nelle sue contraddizioni, che sono molto rivelatrici, e da osservatrice esterna faccio le mie considerazioni. Solo 2.

1. ti senti tanto generazione x e poi scopri che se elenchi i tuoi prodotti mitici sei in compagnia di altre generazioni. Confusione generazionale. Goldrake, ad esempio, sarà tanto x, ma è un tipico prodotto amato quasi universalmente. Non solo dai primi spettatori (che un po’ magari si “stimano”, del loro essere arrivati primi), ma anche da ragazzi che alla fine degli anni Settanta non erano stati nemmeno concepiti nella mente dei loro genitori. Sorge quindi il sospetto che l’idea di “memoria generazionale”, come idea agganciata ai prodotti mediali, funzioni oggi poco in relazione alle giovani generazioni: il fatto è che oggi i prodotti mediali che hanno fatto la differenza per diverse generazioni sono tutti accessibili contemporaneamente, magari in medium diversi (non solo tv: dvd, internet grazie a youtube ecc), che annullano le differenze storiche dei singoli prodotti (a parte alcune evidenti differenze legate al miglioramento dell’animazione, dei disegni ecc.). Allora lo scarto generazionale non si trova tanto nei prodotti mediali che funzionano da prodotti mitici, quanto nei vissuti, nelle biografie particolari, anche nei dati anagrafici, appunto, come dice anche Gba (ad esempio: che età avevi quando hai scoperto e vissuto Goldrake? cosa avevi già visto, prima?). Ma così dire “Goldrake”, da solo, non porta da nessuna parte. Così rischia di diventare un feticcio che, anzichè spiegare, confonde. Anzichè svelare, nasconde.

2. Fabio ha sottolineato un dato emerso dalla ricerca che mi è molto caro, la nostalgia che alcuni giovani consumatori provano per le generazioni di prodotti mediali che li hanno preceduti, una specie di Arcadia mediale che possono solo vivere a posteriori. La nostalgia esprime la mancanza di qualcosa che in realtà non si è mai vissuto. A questo scopo, ogni passato – che in quanto tale è andato – va bene, funziona. Ogni generazione ha quindi oggi la possibilità di esprimere un senso di perdita attraverso il rimando a un passato non troppo lontano, di cui può trovare qualche traccia a cui affezionarsi (a volte sono tracce autentiche, ma non necessariamente). Queste tracce quindi in parte consolano della perdita (sono efficaci, insomma, fanno stare bene). Anche in questo caso, non conta tanto il prodotto in sé, ma la sua distanza temporale dai vissuti attuali delle generazioni che sono venute dopo. Che possono così provare nostalgia, grazie a quella distanza relativa.
Concludo: il punto non sono tanto i manga/anime degli anni Ottanta (che poi sono Settanta e Ottanta), che fra l’altro adoro; quello che funziona è che appartengano a un passato che non è stato vissuto, ma che è accessibile, che può essere quindi allo stesso tempo mitizzato e consumato.

Così ogni generazione, se ha dei moti interiori (ideali, valori, desideri, ecc.), e ce li ha per forza, troverà prodotti mediali (o altri appigli, al di fuori del consumo) che le permettano di esprimerli. O di sublimarli (ma questa è un’altra storia).

Io intanto mi dispero che Mtv non mi trasmette più Nana.

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