Se i blog sono luoghi dei vissuti, vorrei confermare questa mia idea sfruttando il mio blog per esprimere il mio vissuto sul workshop di venerdì scorso.
Un’ipotesi su come interpretare l’idea “dal basso”: i blog (così come vari ambienti del cosiddetto web 2.0) sono luoghi dove la comunicazione può osservare i vissuti, e farsene irritare.
So bene che sembra che la comunicazione sia un entità con vita propria, detta così. Il problema è che un po’ lo è, veramente. Qualcuno parla di sistema emergente della comunicazione: è questa cosa qui, ossia la comunicazione come processo sociale che si autonomizza dai suoi dati di concretezza e particolarità (i soggetti, i loro vissuti, le loro storie, le loro memorie, idiosincrasie…). Il blog allora diventa un luogo della comunicazione (perchè nei blog i vissuti possono solo essere comunicati) dove il sistema della comunicazione – la rete, con la sua autonomia, la rete informata dal 2.0 – mantiene un contatto con i vissuti, con la concretezza delle storie vitali, con gli interessi e le emozioni della gente, e si fa “irritare”, ossia: ne tiene conto, come può, li usa per la sua riproduzione.
In questo senso i blog proprio in quanto luogo del vissuto (comunicato) sono utili alla comunicazione.

Prima nota critica: mi ha un po’ disturbato sentir dire da Giuseppe Granieri che nella rete il criterio di qualità (delle informazioni, prevalentemente) è sostituito dal criterio di pertinenza – come ricordato oggi dal post di FG/GBA – e vi spiego perchè questa idea mi irrita parecchio. La pertinenza, detta così, suona un po’ come una cosa buona: è la qualità che non viene più definita dal sistema dei media di massa, è la qualità che si personalizza diventando espressione di un punto di vista dell’utente, che spesso è anche produttore di contenuti. Che furbata: il sistema si disinteressa della qualità, in quanto in generale si disinteressa dei contenuti, e delega non solo la produzione dei contenuti (gli economisti direbbero: esternalizza, fa outsourcing, ecc.), delega persino il criterio di valutazione di quegli stessi contenuti. Ognuno è libero di decidere cosa è di qualità, perchè al sistema della comunicazione, la qualità non interessa. La qualità resta un problema degli utenti (che la qualità, definita a partire dai propri interessi, la cercano ancora) e dei professionisti che credono ancora che la qualità sia un criterio del loro operare (vedi le preoccupazioni da giornalista di Massimo Russo, con cui ho avuto la fortuna di conversare). Al sistema della comunicazione (chiamatelo rete, web 2.0 o come caspita preferite) interessa che CI SIANO CONTENUTI E CONNESSIONI, è indifferente quale contenuto e quale connessione sia (entrambi, difatti, li fa produrre agli utenti, vedi gli algoritmi di Google…).
Sarà per questo che alla fine la semantica evocata non solo da GBA, o i temi, ricordati da Giulia, restano sempre al margine della riflessione? (CONTINUA…)
ps: ma che tristezza un post senza figure, provvederò al più presto
Fatto. Per chi non lo sapesse la foto è di Luigi Ghirri.
Aggiornamento del 12 maggio. Ecco il video dell’intervento di Massimo Russo.
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