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Nati oggi

Ieri sono stata alla manifestazione sulla scuola a Bologna, perchè non credo di dover insegnare alle superiori per esserne toccata. Dalle elementari all’università, per quanto mi riguarda è la stessa posta in gioco.
C’erano pochi adulti, e tanti ragazzi. Ragazzi delle superiori, si riconoscono dalle facce da ragazzini. Io li riconosco perchè noto che sono più piccoli dei miei studenti, universitari. Ma solo da quello, perchè non ci sono gli striscioni delle scuole a cui appartengono a identificarli. Nemmeno uno ne vedo, mentre ripercorro il corteo dalla coda alla testa. Una massa omogenea e fluida di ragazzini e di ragazzi, indistinti da appartenenze. Un’onda lunga di singoli studenti, tutti insieme, non separati, non agglomerati in blocchi visibili.
Si distinguono quasi solo per l’età, gli studenti medi dagli universitari. Gli striscioni, i cartelli, molto fatti in casa. Molto improvvisati, amatoriali, come dire. Senza una mano esperta dietro, intendo una mano militante. Artistici, creativi, sia nelle forme che nelle espressioni, negli slogan, nelle battute (“anche i muri hanno orecchie, ma le vostre orecchie sono murate“, recitava un biglietto infilato a fianco di un portone di cittadini che non scendono con loro a manifestare). “La crisi la pago io, ditemi quant’è“, biglietti infilati nei tergicristallo delle auto. Verso la testa, gli universitari hanno qualche striscione che identifica la facoltà, e il mestiere che vorrebbero poter fare.
Un’impressione, forse ancora troppo personale, ma la esprimo qua: questi ragazzi, questi ragazzini, sono nati oggi. Sono nuovi. Non assomigliano a quelli che facevano i cortei negli anni passati, sicuramente non a quelli degli anni ’80, i miei coetanei. Non hanno forme dettate dalle organizzazioni istituzionali della politica – le associazioni giovanili dei partiti, per intenderci. Nati oggi, sono qui a improvvisare e inventarsi una presa di parola che nessuno ha insegnato loro. Che sentono come necessità.
Alla faccia della strumentalizzazione.

Mi indigna enormemente che da molte parti si cerchi di zittirli, di svilirli, di non ascoltarli. Lasciateli parlare, nemmeno io so bene cosa ci vogliono dire.

(continua)


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