Archive for the 'turismo della memoria' Category

consumare il passato

Vi siete accorti di quante feste celtiche, medievali, rinascimentali stanno proliferando intorno a noi? Non è un’invenzione dell’ultima ora, ma un fenomeno che si sta diffondendo esponenzialmente in questi ultimi tempi.
Il passato, nella sua varietà, si offre come esperienza, come un prodotto da consumare. Ma, in qualche modo, il passato si fa presente, e la rievocazione non è solo un fatto nostalgico, ma una riflessione sul presente, mediata da immagini del passato, più o meno fantasiose.
Insomma, la cosa è più complessa e meno trascurabile di quel che sembra.

Anche di questo si parlerà venerdì prossimo a un convegno nella più piccola repubblica del mondo, dove il Medioevo (in senso molto lato) si fa sentire e vedere. Parlo pure io, mi pare.


foto di oscar ferrari, che la mia macchina s’era rotta

alla ricerca degli antenati/3

Nelle società che hanno qualche problema con le loro radici (e quindi con il loro futuro, non tanto con il loro passato) proliferano le ricerche degli antenati. Si cercano gli antenati attraverso siti Internet dedicati alla ricerca genealogica, di cui ho parlato qui, o attraverso la ricostruzione minuziosa di esperti di genealogica che scartabellano negli archivi o attraverso ricerche in laboratorio sul Dna.
Capita anche che chi cerca i propri antenati arrivi a desiderare di visitare i luoghi in cui essi hanno vissuto. Così negli ultimi tempi si è sviluppata una nuova forma di turismo, una forma di turismo della memoria: il turismo genealogico. I principali territori interessati da questi nuovi flussi turistici sono i paesi che hanno originato le grandi migrazioni del Novecento, dalla Scozia all’Abruzzo, dall’Irlanda alla Germania. Al turismo genealogico è dedicato l’interessante articolo di Laura Cattani che aspettavo uscisse da tempo, pubblicato finalmente oggi sulla Repubblica delle Donne (N. 594, pp. 166-167). Con un mio piccolo contributo.

verso nord/tourism and memory

Vado a un convegno. Al 6th International Symposium on Aspects of Tourism, organizzato dall’Università di Brighton, dal titolo Gazing, glancing, glimpsing: Tourists and Tourism in a visual world, che si tiene a Eastbourne (East Sussex, UK) dal 13 al 15 giugno 2007. La mia relazione è su cose in parte note ai lettori del blog: Tourism of memory: the marketing of nostalgia. The case histories of Heidiland and East Germany. Spero di trovare una connessione là, non solo per il blog. Anche per il blog, non posso mica abbandonarlo così. Ho visto almeno un paio di altre relazioni che possono essermi utili, vediamo.

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Eastbourne, foto di roberta bartoletti

Aggiornamento del 18 giugno: causa prese bislacche e connessioni internet costosissime (cause perversamente alternate) non sono riuscita a scrivere almeno tre post durante il viaggio. Malgrado volo cancellato da Londra (British Airways) e 8 ore di stazionamento in aereoporto sono tornata, e forse ora ce la posso fare a scriverli, ma non so quando perchè il viaggio continua…

turisti smemorati? ricostruzioni a Est

Se i turisti che scelgono come meta le Repubbliche Baltiche dovranno depennare dai loro itinerari i monumenti dei vari liberatori sovietici, altre cose da vedere sono state preparate per loro, a sostituzione di quei simboli caduti in disgrazia. In questi paesi (Lituania, Estonia e Lettonia), così come in altri paesi dell’Est (Ungheria, Polonia, Bulgaria, Romania, ex Cecoslovacchia), dall’inizio degli anni Novanta sono infatti proliferati musei dedicati all’occupazione sovietica, come ci ricorda la giornalista Lucia Sgueglia.
I musei, si sa, sono importanti luoghi di memoria. Luoghi in cui la decisione di cosa ricordare (e cosa dimenticare) si prende consapevolmente. Una vera e propria politica della memoria. E si decide anche il significato di quello che si ricorda (o almeno ci si prova). Così lo sfratto del soldato liberatore dal centro della capitale estone era probabilmente già stato annunciato nel 2003, con l’apertura del museo dell’Occupazione. Il museo di Tallin si contraddistingue per l’equiparazione di nazismo e comunismo e, pur dichiarandosi dedicato ai totalitarismi, il suo focus è sostanzialmente sull’occupazione sovietica successiva alla seconda guerra mondiale.

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Non è da meno la romantica Vilnius, dove è possibile visitare il Museo delle vittime del Genocidio. Il museo non è dedicato all’Olocausto, anche se potrebbe benissimo esserlo, visto che Vilnius era altrimenti nota come Gerusalemme dell’Est, e sono stati duecentomila gli ebrei lituani uccisi durante l’occupazione nazista tra il 1941 al 1944. Il museo del genocidio è invece anch’esso dedicato all’occupazione sovietica: nelle guide turistiche di Vilnius figura infatti anche come “museo del Kgb”. Già fondato nel 1992 con fondi Usa, il successo di pubblico arriva nel 2004, dopo l’ingresso della Lituania nell’Unione Europea.
In questi musei si costruisce (ricostruisce) la memoria nazionale e l’identità di queste nuove repubbliche, e sembrano riaffiorare vecchi problemi di rimozione, di amnesia strutturale. Dettagli che è meglio dimenticare (tipo i 200.000 ebrei lituani scomparsi). In questi luoghi sicuramente non si prova tanta Ostalgia.
Speriamo solo che i visitatori di questi musei non siano troppo ingenui.

la guerra della memoria/sfratti e traslochi a Est

Non è solo un’ondata nostalgica ad attraversare l’Europa dell’Est (o almeno alcuni suoi territori: ne ho già parlato qui). Nelle ultime settimane si è assistito a una vera e propria guerra della memoria, con morti (almeno uno) e feriti veri, autentici, non solo metaforici. E’ della fine di aprile la notizia della rimozione dalla sua sede storica del Liberatore, il monumento a memoria dei 50.000 (cinquantamila) soldati sovietici morti nella liberazione dell’Estonia dall’occupazione nazista, che per l’Estonia contemporanea si è tramutato in un simbolo di una successiva occupazione, quella sovietica, cessata solo con l’Indipendenza ottenuta all’inizio degli anni Novanta (grazie alla dissoluzione dell’Urss). La statua di bronzo di due metri d’altezza che da sessant’anni vegliava sulla capitale estone dalla collina di Tonismagi è stata spostata in un periferico cimitero militare insieme alle 13 salme di soldati sovietici che vi riposavano accanto.

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L’Unione Sovietica è il paese che ha sacrificato il maggior numero di soldati nella seconda guerra mondiale, con i suoi 8.860.400 caduti (8 milioni e 800mila e 400) – come si legge qui.
Di questi, ben 600.000 sono morti combattendo contro la Wehrmacht in Polonia tra il 1944 e il 1945, e lì oggi sono sepolti. E, dopo l’Estonia, è oggi la Polonia che cerca di sbarazzarsi del ricordo di quei morti, e di traslocarli anch’essi altrove. Due progetti di legge, uno del ministero della cultura (?) e uno del partito governativo, convergono sulla decisione di rimuovere i momumenti dedicati all’Armata Rossa eretti tra il 1949 e il 1989 sul territorio polacco. Il trasloco forzato avverrà tra poche settimane, vedremo se vi saranno reazioni (dubito) della popolazione.
Cosa andranno a visitare i turisti che si recano a Tallin o nelle città polacche, al posto di questi monumenti ormai storici? (continua…)

PS: il punto è che, mentre apparentemente si spostano statue, si riscrive la storia. E non solo quella polacca, o estone.

souvenir da dimenticare

In un mercato delle pulci berlinese ho trovato un oggetto che mi ha colpito, e che mi sono portata a casa. Un souvenir come souvenir. Un souvenir del passato, un souvenir d’antiquariato.
Si tratta di un piccolo album verde, dalla copertina di moderna plastica, che raccoglie una serie di diapositive della Berlino Est degli anni Settanta, con i suoi luoghi topici. E’ un oggetto che ci permette di gettare uno sguardo sul passato, su come questa città si immaginava e si rappresentava. Così la torre della radio al centro della mitica Alex è rappresentata come Sehenswuerdigkeit (cosa che merita di essere vista, visitata) accanto al monumento dedicato a Lenin, in un quartiere residenziale non molto distante dal centro della città.

berlino_200.gifIl monumento a Lenin – Berlino anni ’70

La torre della radio domina ancora oggi Alexanderplatz e Berlino, ne è ancora un simbolo riconosciuto e riconoscibile, mentre la statua di Lenin ha preso metaforicamente il volo, è scomparsa dalla sua piazza (come si nota nell’immagine qui sotto) e resta, semmai, come luogo di memoria nei ricordi dei berlinesi dell’Est.
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Il Senato di Berlino, subito dopo la caduta del muro e la riunificazione della Germania, ha infatti deliberato lo smantellamento di numerosi simboli della Germania Orientale, decretandone l’oblio ufficiale. Qualche sporadica traccia di questi memoriali viene oggi venduta, come feticcio ostalgico, a curiosi, turisti o autentici nostalgici.

Sentieri della memoria: camminare per ricordare

Ieri mi è capitato tra le mani un libro, più precisamente una guida per camminatori. “Sentieri partigiani in Italia”, si intitola, sottotitolo “A piedi su alcuni dei più bei percorsi della Resistenza”. L’ho presa perchè A., l’amica che era con me in libreria, è una grande camminatrice e da tempo tenta di farmi attraversare l’Appennino a piedi. “Pensa cosa si prova, a ripercorrere quei sentieri, cosa si può sentire”. Io mi chiedo chissà cosa vorrebbero farci ricordare. La guida è abbastanza esplicita, in realtà – la fuga degli ebrei italiani verso la Francia, le battaglie partigiane, i campi di prigionia, gli eccidi nazisti nelle comunità montane: luoghi di memoria collettiva dell’Italia, o almeno di quella parte di Italia che riconosce nella Resistenza un atto fondativo, un vero e proprio mito storico. Camminare è un modo di ascoltare, propone l’autore Diego Marani nell’introduzione, e camminare su questi sentieri della memoria è un nuovo modo di ricordare che da alcuni anni è stato inventato. Proprio nel momento in cui la scomparsa delle memorie vive (insieme al proliferare delle commemoriazioni ufficiali) rischiava di far dimenticare.
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PS: la prima volta che ho sentito parlare di sentieri partigiani era l’estate 2004, e da lì ho iniziato a ragionare sul turismo della memoria. Si trattava di camminate accompagnate da testimonianze partigiane nell’Appennino reggiano, organizzate dall’Istituto per la storia della Resistenza; la 13° edizione dei Sentieri Partigiani si terrá dal 6 al 9 settembre 2007.

memoria e turismo

che cosa c’entra la memoria con il turismo. Ci ragiono da un po’, a cominciare da una gita a Brescello di qualche anno fa, che per me è stata una sorta di viaggio nel tempo, con tratti anacronistici.
brescello005.jpg Benvenuti a Brescello, foto mia (Roberta Bartoletti)

Si tratta in generale della capacità del mercato di alimentarsi delle emozioni: il turismo della memoria è quello capace di commercializzare ricordi e memorie di generazioni, di genti, popoli e luoghi. Possono essere memorie vissute, che vengono in qualche modo generalizzate per divenire attrattive per altri, oppure memorie inventate, ma non per questo meno concrete e reali nella loro potenza immaginativa.
Alcuni risultati di queste riflessioni sono al centro di una relazione su Tourism of memory: the marketing of nostalgia. The case history of Heidiland and of East Germany, che presenterò nel giugno prossimo al 6th International Symposium on Aspects of Tourism organizzato dall’Università di Brighton UK.


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